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Il contributo affronta la questione del rimborso anticipato di credito al consumo che a partire dalla cd. sentenza Lexitor della Corte di Giustizia dell’Unione europea del l’11 settembre 2019 ha animato il dibattito dottrinario e giurisprudenziale interno ed europeo, stabilendo che il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito deve includere tutti i costi posti a suo carico e cioè oltre quelli ‘recurring’, legati alla durata del finanziamento anche quelli ‘upfront’, indipendenti dalla durata del rapporto di credito. Nell’ordinamento interno la norma è stata recepita nella riformulazione dell’art.125-sexies t.u.b. dalla l. 23 luglio 2021, n. 106, che ha stabilito che le statuizioni derivanti dalla predetta decisione si applicano solo ai contratti stipulati successivamente all’entrata in vigore della legge stessa, ricorrendo ad una modulazione temporale che però è stata dichiarata incostituzionale: solo la Corte di Giustizia europea può modulare gli effetti temporali di una sua sentenza. A complicare ancora di più il già fumoso apparato è intervenuto, da ultimo, quello che potrebbe apparire un ulteriore cambio di rotta dei giudici unionali che in merito ai contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali, ha stabilito che nulla osta a che una normativa nazionale possa prevedere che il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito includa solo gli interessi ed i costi dipendenti dalla durata del credito, in caso di rimborso anticipato dello stesso. Così, in attesa di ulteriore disposizioni derivanti da nascenti direttive sul credito ai consumatori, il giurista potrà solo chiedersi: quid iuris? |
